venerdì 29 aprile 2011

Colonna d'asparagi

La ricetta della colonna d’asparagi non è una mia invenzione, ma viene direttamente dalla copertina di una vecchia rivista di cucina che io adoravo, ma che ormai non viene stampata da diversi anni. Parlo di Grand Gourmet, diretto dalla fantastica signora Fiammetta Fadda, temutissima critica gastronomica. Il piatto non è difficile da realizzare, ma prevede un minimo d’attenzione soprattutto nlla cottura degli asparagi e nella realizzazione della cosiddetta colonna o torre.



Il piatto può essere un antipasto per un pranzo con qualche pretesa oppure un secondo vegetariano raffinato e gustoso.
Useremo gli ingredienti in purezza, non fosse per un tocco di noce moscata, giusto per suggerire una suggestione aromatica.
La colonna si compone di una parte esterna di asparagi in piedi ed un’ interna di burrata e asparagi. Per riprodurre la ricetta vi servirà almeno un anello di metallo alto circa cinque centimetri, come un coppapasta,  e che potrete riutilizzare per mettere in forma risottini, tartare, dolci monoporzione e via dicendo. Io l’ho comprato in un ipermercato ben fornito nel reparto casalinghi.

Ingredienti per due:
un mazzo di asparagi grossi,
una burrata,
noce moscata (è sempre preferibile la noce intera da macinare al momento, per salvaguardarne l’aroma),
olio extravergine (preferibilmente del Garda poiché non ci serve caricare il piatto con oli piccanti).

Preparazione

Cuocete gli asparagi  mondati (eliminando la parte esterna con un pelapatate)














secondo la vostra maniera preferita: o legati e messi in piedi a cuocere in poca acqua in una pentola coperta,




















o al vapore. La prima maniera garantisce un maggior ammorbidimento del gambo (normalmente più duro) in favore di una punta più soda. La seconda è più comoda, non vi serve lo spago e le punte non rischiano di piegarsi. L’importante è che non siano mollicci ma perfettamente sodi e consistenti, altrimenti non staranno in piedi neppure con uno spiedo di bamboo infilzato dentro. Ricordiamo per l'ennesima volta qualcosa di importante sulla cottura delle verdure. E’ errato stracuocerle fino a far perdere loro colore e consistenza. Anche dopo cotte, dovrebbero mantenere croccantezza e non diventare una poltiglia irriconoscibile che non si riesce a raccogliere dal piatto nemmeno con una forchetta. Ci credo che la gente non ama le verdure: fatte così sono una tortura da infliggere ai criminali!

Una volta scottati e raffreddati, sistemate gli asparagi su un tagliere, allineandoli a partire dalle punte.




Tagliate il gambo in modo che dalla punta al taglio siano alti 8 cm, poi tagliateli a metà nel senso della lunghezza. Riducete i gambi avanzati a cubetti ed uniteli all’interno della burrata (la parte esterna è ottima su una pizza casalinga) con una spolverata di noce moscata e un giro d’olio extravergine. Mescolate bene o, se preferite, frullate il tutto.















Componete il piatto. Ungete molto bene l’anello e sistematelo sul piatto individuale. All’esterno mettete gli asparagi in piedi in modo che la parte tagliata guardi verso l’esterno.



Con un cucchiaio disponete all’interno del recinto di asparagi pressando bene perché formi un tutt’uno con le verdure. Mettete tanta crema fino a coprire i gambi e parte delle punte.



Ora, con garbo e fermezza, sfilate l’anello. Se era effettivamente unto l’operazione dovrebbe essere veloce e indolore. Se  il ripieno è stato ben pressato contro gli asparagi, la composizione dovrebbe resistere… ad ogni modo non mi attarderei troppo a servire il piatto.



Il gusto risulta fresco e piacevole. Esaltatelo con un ulteriore filo d’olio.

Buon appetito

Francesca

martedì 26 aprile 2011

Tajine di pollo, albicocche e mandorle

Forse vi è sorto il sospetto di una certa mia predilezione per i piatti esotici. In effetti, non posso negarlo, questa passione va di pari passo con la mia smania di viaggiare e vedere posti nuovi. Quando mi preparo per un viaggio non so mai se è maggiore la voglia di vedere o di assaggiare. Una delle mete che vorrei visitre quanto prima è Marrakech. Già mi vedo a sbirciare nei giardini segreti delle case, a farmi coccolare in hammam con olio purissimo d’argan e mangiare prelibatezze d’ogni genere. Visto che per i prossimi mesi non se ne parla proprio di volare fino in Marocco, mi consolo con una bella Tajine.
La tajine è un piatto profondo fatto di terracotta corredato da un coperchio a forma di cono che consente, grazie al ricircolo del vapore, una cottura umida e lunga.



Quelle tradizionali sono magnificamente decorate e smaltate. Da noi si trovano con una certa facilità poiché in questi ultimi due anni sono state molto di moda. Fino a poco tempo fa ce n’era una bellissima nel catalogo premi Esselunga, io l’ho camprata all’Ikea… non sarà lussuosa, ma il suo sporco dovere lo fa alla grande. Se volete cimentarvi in queste ricette vi consiglio di acquistarla o di recuperare la pentola in terracotta della nonna poiché otterrete un risultato differente cuocendo in una pentola che non sia di terracotta.. Inoltre, se avete ospiti, presentatevi in sala da pranzo con la tajine e scoperchiatela di fronte a loro: sarà un vero  coup de théâtre!  Non sono la solita invasata, vi assicuro che il risultato è molto diverso se cuocerete il tutto in un normale tegame n acciaio.
Con la tajine si possono preparare una grande quantità di piatti. Generalmente a base di carne. Il mio preferito è con agnello e prugne; l’avevo anche fatta, ma quando l’ho portata in tavola ci siamo lanciati sulla Tajine come lucuste e prima che potessi fotografare il piatto finito… non ne era rimasto nulla! L’altra sera, invece, ne ho cucinata una nostrana con spezzatino di manzo, patate, cipolle a pezzi grossi e rosmarino. Un buon compromesso per chi vuole portare solo un soffio, e non una ventata, di esotismo sulla propria tavola.
Nella ricetta consiglio l’uso del ghee: burro chiarificato. Non è altro che burro al quale sono state tolte le proteine. Questo procedimento consente di utilizzare il burro anche ad alte temperature senza rischi. Lo comprate nei negozi etnici. Ricordatevi di questo prodotto quando impazzirete perché dovete friggere ma il burro brucia! Onestamente, non so come abbiano fatto gli Italiani e i Francesi a sottovalutare il problema del burro non chiarificato. Da quando l'ho scoperto non posso più farne a meno, come hanno potuto due nazioni così civilizzate in ambito culinario ignorare il ghee?

Ingredienti per 4 ( o 2 entusiasti)

due petti di pollo interi,
albicocche disidratate, (attenzione: se mangiate da sole provocano dipendenza)
cannella in stecche e in polvere,
curcuma,
alloro,
mandorle spellate a lamelle,
misto di spezie per tajine (si compra nei supermercati, tra le spezie),
zenzero in polvere,
cumino in polvere,
due cipolle,
aglio,
burro chiarificato.

Preparazione.
Mettete quattro albicocche per ogni commensale a reidratarsi in acqua calda con due stecche di cannella. Intanto che scaldate l’acqua in un pentolino, potete, se lo desiderate, far sciogliere anche un cucchiaino di miele, per accentuare l’aspetto dolce del piatto.
Mettete la tajine scoperchiata su un fuoco basso e fate sciogliete un bel cucchiaio colmo di burro chiarificato. Aggiungete le cipolle tagliate a velo o tritate, due spicchi d’aglio nudi e qualche granello di sale grosso;



 lasciatele appassire almeno mezz’ora. Nel frattempo tagliate il pollo a grossi bocconi il più regolari possibile



e mescolatelo in una ciotola con mezzo cucchiaio di curcuma, di zenzero e un cucchiaino raso di misto di spezie per tajine, uno di cumino e uno di cannella. Sistemate nella tajine  ogni boccone in modo che la carne si trovi tutta su un solo strato. Tradizionalmente la carne viene sistemata in bell’ordine, con la frutta che si aggiunge a mo’ di decoro perché in cottura non si mescola. Tra i bocconi inserite cinque foglie di alloro. Sopra il pollo sistemate le albicocche rinvenute e bagnate con la loro acqua lasciando in fondo alla tajine circa un centimetro di liquido.



Ora coprite. Lasciate cuocere un’ora. Intanto tostate le mandorle a lamelle con un poco di ghee. Quando avranno raggiunto un bel colore vivace, togliete il coperchio/cono e, una volta che le dolci allucinazioni di deserti, donne velate e oasi ispirate dall’aroma di spezie e frutta saranno cessate, spargete le lamelle sulla carne. Intanto che ci siete controllate l’acqua sul fondo della pentola. Dovrebbe essercene ma, al caso, aggiungetene un poco di quella dove sono state a mollo le albicocche. A malincuore rimettete il coperchio e attendete almeno mezz’ora, meglio un’altra ora.
Servite caldissimo, sporzionando in tavola.




Abbinate un tè al cardamomo (potete farvelo in casa aggiungendo ad un tè nero di eccellente qualità alcuni baccelli di cardamomo) o alla menta.


Buon appetito

Francesca

venerdì 22 aprile 2011

Pasta frolla

La pasta frolla è forse la più conosciuta tra le basi per torte, nonché la mi favorita. Preferisco di gran lunga una bella crostata casalinga con una marmellata di prugne brusca e fatta in casa a quelle torte piene di creme, cremine et similia che si comprano dal pasticcere.
La faccio nel mixer, sì, e viene perfetta. L’importante, data la quantità di burro, è farlo andare solo pochi secondi per prevenire il surriscaldamento delle lame e quindi dell’impasto. Tenete presente che la frolla, una volta cotta, dà il suo meglio dopo tre giorni… sappiatevi regolare. Il trucco che uso io è, se devo lavorarla o reimpastarla, di lavarmi le mani con l’acqua fredda spesso in modo che il calore delle mie mani  non rovini l’impasto.
Qui ve ne do una versione semplice, ma se volete potete aromatizzarla con la scorza di mezzo limone biologico o un goccio di vino bianco.

Ingredienti:
500 g di farina 00
250 g di burro
250 g di zucchero
Un uovo un pizzico di sale.

Mai, mai, mai il lievito.

Preparazione:

Frullate tutto assieme mettendo l’uovo per ultimo. Meno di un minuto è più che sufficiente, poi lavoratela su un’asse di legno.



Volendo potete variare le dosi di zucchero e burro, ma non sarà più una frolla. Vietatissima la margarina: se non dovete usare alimenti ricchi di grassi è inutile cincischiare: la pasta frolla non fa per voi. Una volta ho provato a fare una frolla con la farina di riso e, nonostante sia più difficile da lavorare, il risultato cotto era, con mia sorpresa, fragrante e friabile… mooolto buono!
Se volete potete farne tanta e congelarla ma non fidatevi di chi vi consiglia di far riposare la pasta frolla in frigo: una volta per curiosità l’ho fatto, per vedere se la mia frolla avesse potuto migliorare. Il risultato è stato che mi sono trovata di fronte un monolite inattaccabile ed indivisibile. Troppo duro! Non si può lavorare! Il tempo che impiega la frolla a tornare lavorabile non è lo stesso che impiega la vostra seccatura ad andarsene. Non mettete la frolla in frigo, è solo una paranoia! Se la impastate velocemente non si scalda e non ha bisogno di raffreddarsi.
Ultima considerazione. Potete ricavare dosi differenti, maggiori o minori, rispettando la proporzione che lo zucchero e il burro devono essere ognuno la metà della farina e insieme, ovviamente, corrispondere al suo peso.

Buon appetito!
Francesca

martedì 19 aprile 2011

Pan di Spagna al limone e fragole

Incontrare dal vivo qualcuno che si conosce da mesi, ma solo via web, è uno di quei piaceri postmoderni che solo la nostra cultura telematica può concedere.
Sono rientrata da poco da un Meeting di quattro giorni su Jane Austen che si è svolto a Riccione. L'organizzatrice, Chiara, è uno di quei rari esempi di predilezione da parte dal fato. Bella e dolce, ha organizzato su Facebook un gruppo con più di duemila fan dedicato a Jane Austen che è diventato Associazione culturale ed è reduce dal successo del secondo meeting associativo. In qualità di nerd letteraria (ma non troppo, come ho scoperto là c'è anche chi è più malato di me) ho apprezzato lo stage di danze regency, le conferenze tenute da professori universitari, i giochi a squadre, la sfilata di moda antica commentata da un'esperta .... so che tutto questo non c'entra nulla con la cucina, ma d'altra parte Chiara ha ispirato questo dolce e glielo voglio dedicare.

Il pan di Spagna è una preparazione complicata: molte cose possono andare storte, ma quando riesce bene, come Chiara,  si ha il piacere di una pasta leggera, soffice, aerea; quasi non si capisce come possa sorreggere la bagna e le creme, ma lo fa!
La torta avrà tre strati e tre diverse farciture, eclettica come la ragazza che l'ha ispirata. L'accoppiata limone-fragole si spiega così: ho scelto della frutta per l'idea di naturalità; nello specifico il limone mi ricorda il biondo dei suoi capelli lunghissimi e la fragola, con la sua schiva bellezza, la sua dolcezza che rasenta la timidezza.





Ed ora, per gli ingredienti e la preparazione del Pan di Spagna consultate la mia ricetta qui


Ingredienti per le farciture

2 limoni
250 ml di latte
2 tuorli
Zucchero
Farina
500 ml di panna
Fragole
Sciroppo di fragole
Succo di fragole
Succo di sambuco al limone (questi ultimi tre si acquistano in supermercati ben forniti. Ho comprato lo sciroppo ed il succo di fragole all'Auchan, mentre il Sambuco al Gigante)


Preparazione:

Tagliate le fragole a piccoli pezzi e conditele con sciroppo e succo fresco di fragola. Lasciate macerare per tutto il tempo della preparazione.



Ora seguite le indicazioni per creare il pan di Spagna.

Le farciture: mescolate i tuorli con quattro cucchiai rasi di zucchero, aggiungetene uno di farina, il latte e infine il succo di due limoni piccoli o uno molto grande e succoso.



Mettete sul fuoco e tenete mescolato con una frusta. Appena prende bollore verificate con un cucchiaio che “si veli” ovvero che sul cucchiaio rimanga uno spesso, consistente, omogeneo strato di crema.



Raggiunto questo punto, fate raffreddare la pasticcera al limone rimestando ogni tanto.
Montate la panna con due cucchiai rasi di zucchero a velo. Quando la pasticcera è fredda, mescolatela con un terzo abbondante di panna montata. Questa è una chantilly al limone.

Preparate gli strati della torta. Tagliate la calotta, in modo che l’ultimo strato sia perfettamente piatto. La vostra torta dev’essere un cilindro. Da questo cilindro ricavate, con due tagli, tre dischi.



Sollevateli aiutandovi inserendo nel taglio due lunghi coltelli. Componete la torta.

Primo strato: bagnate con succo di sambuco il pan di Spagna















e procedete a stendere parte della chantilly cercando di non caricare troppo i bordi.



Appoggiate il secondo strato e bagnatelo con il liquido filtrato della macerazione delle fragole.



Coprite con la chantilly rimasta ulteriormente alleggerita con altra panna montata e metà delle fragole macerate.



Appoggiate l’ultimo strato. Non bagnatelo e coprite con la panna montata mescolata alle fragole. L’aspetto di questa torta è molto casalingo, ma vi assicuro che il gusto è divino. Se non dovete trasportarla, come ho dovuto fare io, potete tranquillamente ricoprirla di panna montata per intero, conferendo alla torta un tono più "finito"



Buon appetito
Francesca

lunedì 18 aprile 2011

Pan di Spagna

Il pan di Spagna, decisamente, non è la mia base per torte preferita. Tuttavia ogni cuoco che si rispetti deve saper sfoderare, al caso, la propria ricetta. La mia, perdonate il difetto di modestia, è eccellente. Ve ne faccio dono, sappiatela farcire al meglio.



Il segreto del pan di Spagna sta nelle uova montate a puntino ed amalgamate alla perfezione. Seguite queste linee guida e non potrete mai sbagliare.
Le uova devono essere tirate fuori dal frigo in modo che siano a temperatura ambiente, diciamo tre o quattro ore prima che cominciate a cucinare. Questo passo è fondamentale. Se ve ne siete dimenticati, desistete dall’idea di fare il pan di Spagna.
Il modo migliore per amalgamare due composti separati e, come in questo caso, montati, è avere gli opportuni attrezzi. Impiego un cucchiaio di silicone ed una ciotola, già varie volte citata, della Tupperware, concepita appositamente per mescolare. Compratela e non ve ne pentirete.

Ingredienti:

140 g di farina 00
110 g di fecola
6 uova a temperatura ambiente.
250 g di zucchero
Una bustina di lievito vanigliato per dolci

Preparazione:

Montate con uno sbattitore elettrico i tuorli con lo zucchero fino a che i rossi non siano diventati giallo chiaro.
Sempre con lo sbattitore aggiungete fecola, farina, lievito e circa cinque cucchiai di acqua calda.



Montate gli albumi a neve fermissima con un pizzico di sale.



Nell’apposita ciotola per mescolare, amalgamate i due composti. Aggiungete poco per volta gli albumi ed incorporateli compiendo ampi movimenti circolari dal basso verso l’alto. Il risultato deve essere perfetto. Non bisogna più riconoscere nessun grumo di albume. Impratichitevi fino a padroneggiare benissimo l’arte del rimestio in modo da compiere quest’operazione nel minor tempo possibile per non turbare la fragile consistenza della montatura e per non far perdere aria all’impasto.
Livellate l’impasto in una teglia a cerniera che abbia alla base della carta forno.



Infornate per 30’ a 175°. Forno non ventilato.
Spegnete e lasciate raffreddare in forno chiuso per dieci minuti, poi aprite lo sportello di pochi centimetri e lasciate lì la teglia fino a raffreddamento compiuto.



Prima di procedere al taglio assicuratevi che il pan di Spagna sia perfettamente freddo.

Se vi occorre tagliare a dischi il pan di spagna, per sollevarli aiutatevi con due coltelli.



Buon appetito!

Francesca

mercoledì 6 aprile 2011

Colomba pasquale

La Colomba di Pasqua è il dolce pasquale per eccellenza. Pur avendo origini alto medioevali, la forma che conosciamo è stata inventata in tempi relativamente recenti e cioè con la produzione industriale.



Come per il panettone, sconsiglio l’acquisto di prodotti da supermercato per privilegiare quelli artigianali, ma, meglio ancora, vi consiglio di farvelo da voi. Incredibile ma vero, fare una colomba in casa non è né complicato né dispendioso. Certo, i tempi di lievitazione sono lunghi, ma non siete certo obbligati a stare a fissare la vostra colomba durante le 16 ore di lievitazione! Per non parlare dell’impasto, che non è per niente complicato da realizzare a mano.
Considerando che mi piace l’idea di mangiare la Colomba per la colazione di Pasqua, creerò per voi una tabella di marcia con gli orari precisi delle lievitazioni e dei vari impasti in modo che si inforni la colomba la mattina di Pasqua, presto, in modo da poterla mangiare come sontuosa colazione o in modo che sia ben raffreddata per il pranzo, nel caso in cui qualche sconsiderato desideri rovinarla con delle salse. Una salsa può andare su un prodotto mediocre, ma questa colomba è la quintessenza della perfezione.
Ho calibrato gli ingredienti in modo che non ci siano troppi canditi e che non sia troppo dolce. Insomma, l’impasto è il re. Stessa cosa dicasi per la glassatura: è piacevolmente dolce, ma non stucchevole.
Fondamentale: lo stampo di carta. Andate in un negozio di materiali cartacei. Per noi piacentini: da Sgorbati e prendete quello da un chilo.


Ingredienti:
  -impasto:
250 g di farina 00
250 g di farina manitoba. Userete la manitoba perché aiuta molto nelle lievitazioni.
Una bustina di lievito di birra secco che è da preferirsi grandemente a quello in cubetti perché non deve preoccuparsi di sbalzi termici (la catena del freddo gli fa un baffo) è più staile e sicuramente vivo.
100 ml di latte
70 g di canditi d’arancia
Una fialetta di aroma d’arancia (opzionale, per chi vuole strafare. Io non l'ho messa perchè adoro il profumo del lievito e non mi va che venga coeprto troppo)
Vanillina
3 tuorli
3 uova. Estraete le sei uova dal frigo la mattina in modo che siano a temperatura ambiente quando le inserirete nell’impasto. Non scordatevelo: le uova fredde rovineranno tutto. Io ve l’ho detto.
250 g di burro a temperatura ambiente. Tiratelo fuori assieme alle uova.
160 g di zucchero semolato
Miele

 -glassatura
3 albumi
70 g di farina di mandorle
70 g di zucchero a velo vanigliato
50 g di mandorle non spellate
50 g di granella di zucchero

Preparazione:

Ore 14.30: radunate gli ingredienti. In una ciotola davvero molto capiente e che possegga il suo coperchio, preparate il lievitino così: intiepidite 50 ml di latte. Solo tiepido, se è caldo ammazza il lievito. Sciogliete nel latte tiepido la bustina di lievito. Pesate i 160 g di zucchero che useremo, tenetelo da parte e da questa quantità toglietene due cucchiaini per scioglierlo nel latte e lievito.
Unite 100 g di farina 00 e mescolate fino ad ottenere una palla soda. Lavoratela finchè non diventa liscia.



Coprite col coperchio e mettete a lievitare al sole per 30 minuti.



15.10: Unite gli altri 150 g di farina e il latte rimasto. Lavoratela finchè non diventa liscia.



Coprite col coperchio e mettete a lievitare al sole per 30 minuti.



15.50: Aggiungete 125 g di manitoba, 60 g di zucchero e 80 g di burro morbidissimo ma non liquido. Lavorate fino a rendere il tutto omogeneo, elastico e liscio.
Coprite col coperchio e mettete a lievitare al sole per 2 ore.


17.10: Unite gli ingredienti rimasti: 125 g di manitoba, 170 g di burro, un pizzico di sale, lo zucchero rimasto, una cucchiaiata di miele, la vanillina, la fialetta di aroma all’arancia, le uova intere, i tuorli, i canditi. Ogni volta che aggiungete un ingrediente, il precedente dovrà essere perfettamente amalgamato. Quest’operazione richiederà circa un quarto d’ora per essere eseguita a puntino. Ora l’impasto risulterà morbido, non più elastico come prima, non preoccupatevi, è giusto. Al massimo aiutatevi con un paio di cucchiaiate di farina 00.
Coprite col coperchio e mettete a lievitare al caldo per 6 ore. Finchè non tramonta il sole potete lasciare la ciotola sul balcone, poi avvolgetela in una coperta. Tre anno fa ho ceduto alla follia di tenere acceso il forno a 30° per tutta la durata della lievitazione. Non lo consiglio, la pasta si secca.

23.30: prima di andare a letto, lavorate l’impasto brevemente, in modo che perda parte della gonfiezza, e mettetelo nello stampo, livellando bene.



Ho tenuto lo stampo nel forno. Spento, ovviamente! Sistemate sotto lo stampo un foglio di carta forno perché durante la notte la crescita potrebbe far uscire dallo stampo un poco di pasta. Preparate anche la glassa, in modo da non doverlo fare domattina. Con una frusta amalgamate gli albumi, la farina di mandorle e lo zucchero a velo vanigliato.



A parte pesate anche le mandorle e la granella e conservatele al chiuso perché non prendano aria.

07.30: sveglia! Accendete il forno a 180° (se lo stampo era in forno toglietelo!). Ora l'impasto ha finito di lievitare.



Quando il forno è a temperatura sistemate la glassatura sull’impasto (se durante la notte è cresciuto tanto da debordare non preoccupatevi, riprendetelo e risistematelo nello stampo).



Non fate la copertura con la glassa troppo presto perché se no schiaccerà l’impasto o cadrà in giro. Per ultimo aggiungete le mandorle e la granella.



Infornate avendo cura di tenere un foglio di carta forno sotto lo stampo perché sicuramente qualcosa cadrà. Cuoce in trenta minuti. Dopo la cottura tenete chiuso il forno spento per 10 minuti. Quindi aprite lo sportello di pochi centimetri e lasciate intiepidire fino al momento della colazione.



I vostri familiari saranno svegliati dal dolce aroma della Colomba!

Tagliandola, la glassa risulta croccante, e l’impasto umido, soffice e poroso. La lunga lievitazione conferisce leggerezza e ariosità all’impasto.



Buon appetito

Francesca


Preparate anche voi l'albero di Pasqua con un ramo di nocciolo e decorazioni a piacere


lunedì 4 aprile 2011

Coq au vin

Il gallo al vino è un classico. Come tale, occorre seguire le indicazioni passo passo, o, invece di un poderoso secondo, vi ritroverete piluccare le ossa di una bestia annegata nel vino, maledettamente alcolica e fastidiosamente acida.
Pur non essendo un piatto facile da realizzare, in questa descrizione non ometterò nemmeno un particolare e vi prometto una riuscita eccellente.

Essendo il coprotagonista, la scelta del vino è fondamentale: secco e moderatamente invecchiato. Provate con un Cerasuolo di Vittoria. Occorrono due bottiglie: una per cucinare e una per pasteggiare. Non è il piatto giusto per fare economie sul vino: concedetevi due eccellenti bottiglie.

Quando riesce bene, questo piatto può dare soddisfazioni molto grandi. Occorre quindi rimanere molto concentrati e cucinare con criterio.

Ingredienti:
Un gallo in parti con la sua pelle,
vino rosso,
una carota,
una costa di sedano,
cinque funghi champignon,
una grossa manciata di cipolline fresche,
40 g di pancetta fresca,
aglio,
burro,
farina,
pepe nero in grani,
una cipolla.

Preparazione:
Assicuratevi che il gallo sia ridotto in parti (quest’operazione velocizzerà la cottura) e ben spiumato. Se intendete preparare per cena questa pietanza, la mattina mettete la carne in un contenitore assieme a metà della bottiglia di vino rosso e a venti grani di pepe. Se invece volete preparare a pranzo il gallo, magari una domenica di festa, allora mettetelo a marinare la sera prima.

Una volta terminata questa lunga operazione, passiamo a preparare il vino per la cottura. Togliete il gallo dalla marinata e lasciatelo a scolare in uno scolapasta.



Unite il vino della marinata all’altra metà ancora in bottiglia e portatelo a bollire in un tegame. Quest’operazione è fondamentale per la riuscita del piatto. Se non farete bollire il vino, che ci servirà per cuocere il gallo, l’alcol contenuto rovinerà il gusto. Il piatto sarà acido e alcolico perciò fate bollire il vino. Non potrò mai insistere a sufficienza sull’importanza di questo. Bollite il vino. Tra l’altro la bollitura del vino prima dell’aggiunta in cottura è un espediente che dovreste adottare quasi sempre, così salverete sughi carni e quant’altro dal tremendo pericolo dell’acidità.  La cottura porterà il vino a ridursi di un terzo almeno.



Ora sistemate, in un tegame capace di contenere il gallo, la pancetta, due cucchiai d’olio extravergine e due spicchi d’aglio. Azionate il gas a fiamma media. Quando si sarà formato un velo uniforme di grasso rosolate i pezzi di carne. Svolgete questo compito a fiamma vivace e rendetevi conto dell’alcol che evapora dalla carne. Lasciate che la carne si rosoli su ogni lato per più o meno 4 minuti. Abbassate il fuoco ed aggiungete la cipolla tagliata a velo rimestandola qualche volta.















A questo punto la tradizione richiede una spolverata di farina e la flambatura col cognac, come se non ne avessimo abbastanza del vino…  L'ho provato e secondo me il cognac è ridondante e la farina non serve a niente in questa ricetta. Io consiglio di saltare questo passaggio, ma de gustibus

Ora aggiungete alla carne il vino bollito, ridotto e filtrato con un colino per eliminare il pepe. Se, come vi ho raccomandato, avete eliminato tutto l’alcol  con la bollitura e se il vino si è effettivamente ridotto quasi a metà, potete abbassare il fuoco e incoperchiare. Calcolate almeno 40 minuti di cottura, ma se avete a disposizione un’ora sarà meglio.

Preparate le verdure. Non sono opzionali, fanno parte del piatto. Come prima cosa sbollentate le cipolline (fresche e pulite) in acqua salata per 10 minuti, scolatele e raffreddatele sotto l’acqua fredda. Riducete a pezzetti regolari la carota e la costa di sedano e, dopo averli puliti, tagliate a fettine i funghi. Fate sciogliere una consistente noce di burro in una padella e fate saltare (non dimenticate le cipolline!) per sette minuti poiché le verdure non vanno mangiate mollicce, ma ancora croccanti. Spegnete il fuoco e aggiustate di sale e pepe.



Una volta terminata la cottura del gallo, verificate lo stato della salsa che si è formata. Se avete seguito queste indicazioni dovrebbe essere bella densa. Nel caso non lo fosse lasciate andare a fiamma più alta per alcuni minuti. Aggiustate il gallo di sale se per il vostro gusto fosse dolce. Aggiungete le verdure saltate col burro sopra la carne e sporzionate nei piatti.



Se qualcuno di voi volesse provarlo a casa, ascolterei volentieri i commenti.

Buon appetito




Francesca